L'assicuratore
by bullmonza
Tratto da un storia vera (la mia)
Arrivai a casa loro con il sorriso cordiale dell’assicuratore che porta notizie importanti ma rassicuranti. Lei aprì la porta, ignara del piccolo gioco concordato con suo marito, e subito notai la naturale eleganza con cui si muoveva. Il vestitino corto, le gambe che sembravano scolpite e il portamento sicuro catturarono subito la mia attenzione.
Ci sedemmo sul divano, sorseggiando un caffè. Lei incrociò le gambe con naturalezza, e per un attimo il mondo esterno sembrò svanire. Gli sguardi si incrociavano, e sentivo una tensione sottile ma palpabile, fatta di intesa silenziosa e curiosità reciproca. Lei si spostò appena, come se volesse lasciare spazio, ma allo stesso tempo attirarmi verso di sé. I suoi occhi brillavano di complicità, di una malizia discreta che mi fece sorridere. Parlava poco, ma le parole erano superflue: bastava la sua presenza, il suo portamento elegante, il modo in cui inclinava la testa, a raccontare tutto.
Il tempo sembrava rallentare. Il caffè dimenticato sul tavolo, le tende che filtravano una luce soffusa, e quell’atmosfera sospesa… tutto invitava a lasciare che la mente completasse ciò che la realtà non mostrava. Ogni movimento diventava un gioco, ogni sorriso un invito a leggere tra le righe, a percepire l’eleganza e la sensualità che emanava in modo naturale.
Quando infine mi alzai per avvicinarmi al tavolo, sentii che la complicità tra noi era palpabile: non servivano parole, eppure entrambi sapevamo quanto fosse elettrizzante quel piccolo spazio di tensione, fatto di sguardi, gesti e promesse non dette. L’incontro rimaneva sospeso tra il desiderio e l’intelligenza, un delicato equilibrio di malizia e seduzione che prometteva molto senza mai rivelare tutto.
Quando il marito ci lasciò soli in camera, l’atmosfera cambiò: non servivano parole. Ogni gesto, ogni piccolo spostamento, ogni sorriso, raccontava più di mille frasi. La complicità cresceva, giocando tra sguardi e accenni, lasciando la fantasia libera di completare ciò che la realtà non mostrava. L’incontro diventava un piccolo mondo a sé, dove la seduzione e l’intelligenza erano i veri protagonisti.
Rimanemmo soli nella stanza, e l’aria sembrava carica di attesa. Ogni gesto, ogni piccolo spostamento era un gioco silenzioso: un sorriso trattenuto, un accenno di sguardo, un leggero tocco accidentale che faceva accelerare i battiti, con quel portamento naturale che rendeva ogni movimento irresistibile, e mi fece cenno di seguirla verso un angolo più raccolto della stanza. Ogni passo era un invito silenzioso, ogni gesto una promessa di gioco e malizia.
Ci ritrovammo vicini, a pochi centimetri, respirando la stessa tensione. Un sorriso malizioso illuminò i suoi occhi, e io risposi con lo stesso sottile gioco di sguardi, consapevoli di essere soli, ma entrambi partecipi di quel piccolo segreto condiviso.
In quel momento, tutto diventava possibile nella mente: la complicità, l’eleganza e il desiderio si intrecciavano in un gioco di sguardi e sfioramenti immaginari, lasciando la fantasia libera di completare ciò che la realtà non mostrava. E così, tra sorrisi, malizia e sguardi ardenti, l’incontro si chiuse lasciando dietro di sé un’eco di desiderio e tensione che nessuno dei due avrebbe mai dimenticato.