STORY TITLE: l'inattesa marocchina 
logo The Cuckold
237


STORY

l'inattesa marocchina

by Pony11
Viewed: 147 times Comments 1 Date: 09-11-2025 Language: Language

Sono molti anni che non scrivo un racconto, i motivi sono diversi; il principale è il volermi attenere alla pura verità, a fatti realmente accaduti, cercare di rivivere personalmente quelle emozioni e trasmetterle al lettore appassionato e comprensivo circa l’autenticità di quanto da me viene “relazionato”, sempre mi venga permesso tale freddo termine. Seconda motivazione la mancanza di tempo, nonché il non sentirmi per nulla romanziere, ma essendo di estrazione tecnicopratica poco incline ad un certo tipo di scrittura. Terzo, ma non meno importante, gli sconcertanti commenti di alcuni al mio precedente racconto, del quale molti hanno paventato la non autenticità e nonostante i miei sforzi per assicurarne la veridicità si è preferito accomunarlo ad un mondo di millantatori.
Chiedendo scusa per il preambolo, a cui però tengo molto, veniamo alla vicenda.
Era il mese di agosto, un venerdì, l’anno precedente era avvenuta l’avventura che ho raccontato nel precedente racconto, gli incontri, che voglio definire erotici, con la protagonista di quel racconto Milena, continuavano, ma non in modo frequente (di ciò, forse, ne farò un altro racconto), rientravo alla base operativa nel tardo pomeriggio. Non ero più pienamente operativo, ma mi occupavo di coordinare le attività di volo della società. Tuttavia, la passione per il volo mi portava a cogliere occasioni per poter fare ciò che di più mi piaceva, pilotare. Con un giovane collega ero andato a recuperare un velivolo con un piccolo banale guasto nella cabina passeggeri, che non rendeva idoneo al trasporto VIP, ma pienamente sicuro per il volo.
Arrivati alla base, immediatamente liberai il giovane collega, il quale felicissimo di raggiungere la fidanzata corse letteralmente via. Sistemate le ultime cose e affidato il velivolo al personale di terra, mi recai verso gli uffici. Entrando notai subito la nostra giovane impiegata della reception già pronta alla “fuga” ma impaziente. La salutai e le chiesi come mai era così nervosetta; mi spiegò che la donna delle pulizie si era presentata da poco, invece di arrivare di mattina, per un problema personale si era presentata a pomeriggio inoltrato.
Non avendo alcun impegno se non quello di andare a casa e rilassarmi, per il fine settimana era libero, ma sempre con il telefono pronto per sbrogliare i soliti problemi operativi; quindi, le dissi di andare via tranquillamente che mi sarei trattenuto nel mio ufficio per sistemare della documentazione e fare delle pianificazioni, fino a che le pulizie non fossero state ultimate. La ragazza, quasi salto il bancone mi diede un super bacio a stampo sulla guancia sinistra e corse via nonostante gli alti tacchi, quasi volava.
Andai in ufficio, appena arrivato sulla porta mi si presentò davanti una visione che ha destato in me ogni energia e pensiero erotico, un meraviglioso culetto, rotondo, fasciato da un corto leggings bianco che faceva intravedere uno slippino da giovinetta. La proprietaria di quel ben di dio era piegata a sostituire il sacchetto dentro il cestino della mia scrivania. La donna si alzo salutandomi con un mezzo sorriso, era la oramai storia nostra donna delle pulizie, che negli anni non avevo mai notato da quel lato, forse perché indossava sempre un camice di cui era priva.
La donna, si chiama Neza, una marocchina, all’epoca dei fatti aveva 42 anni, alta circa 1:60, longilinea, occhi del nero più profondo (che poi ho scoperto essere ammalianti), capelli neri raccolti a coda. Quella sera senza camice metteva in mostra un bel fisico coperto dai citati leggings corti fino al ginocchio ed una maglietta con il fregio della ditta di pulizie, ai piedi delle sneakers bianche.
Si scusò con me per l’orario, mi disse di aver terminato con il mio ufficio e che avrebbe cercato di concludere il breve tempo, ma le dissi di fare con comodo, ricevendone in cambio un sorriso, durante il quale i nostri occhi rimasero a fissarsi per qualche istante che sembrava interminabile.
Mi sedetti, accesi il PC, ma non riuscivo a togliermi dagli occhi la visione di quel culetto, che mai avrei attribuito ad una quarantenne; rotondo, sodo, ben proporzionato, pensai quanto ero porco ad aver scansionato in pochi secondi quei glutei. Poi i miei pensieri divennero critici, come mai non avevo notato negli anni quel corpo da ragazzina, quegli occhi ipnotici?
Dopo aver letto un po’ di corrispondenza e fatte alcune telefonate a qualche collega per fini operativi, mi alzai, come un animale affamato, ma inconsapevole, andai a cercarla, da lontano osservavo questa quarantenne, marocchina, il porco pensero mi disse “Stefano con una marocchina non ci sei mai stato?”. Lei forse si accorse e mi sorrise continuando nel suo lavoro, ma i miei occhi erano per quel culetto,
Poi lei finì, mi venne ad avvisare, io presi le mie cose e le dissi che sarei uscito con lei. Nel contempo si era scatenato il tipico temporale estivo e rimanemmo sulla porta della palazzina. Li iniziammo a parlottare, lei mi disse che aveva iniziato tardi il lavoro perché la mattina si era recata ad accompagnare la figlia ed il genero in aeroporto che si recavano in Marocco, mentre il figlio minore era già la dai primi di luglio presso i nonni. In un momento in cui il forte temporale dava una tregua, mi sono offerto di accompagnarla alla sua auto posto fuori dal sedime della base, mentre io l’avevo poco distante nei parcheggi interni. Saliti in auto, le dissi, quasi a tono di battuta, che quella sera eravamo entrambi soli e voleva accettare un invito a cena. (non ho precisato descrivendola che ero a conoscenza che fosse divorziata da anni dal marito marocchino, seppi poi a seguito di maltrattamenti). Mi sorrise, mi disse che l’avevo presa di sorpresa, che la coglievo impreparata, rimase in silenzio guardandomi due o tre volte con un sorrisino compiaciuto. Arrivati alla sua auto, mi disse che avrebbe accettato, ma aveva di darle il tempo di sistemarsi. Ci scambiammo i numeri di telefono, concordando che sarei passato a prenderla per le 21.
Nella testa avevo solo quel culetto e quegli occhi. Doccia veloce, durante la quale pensavo a dove portarla a cena, ipotizzando anche un regime alimentare legato alla religione, immaginando fosse di credo islamico, ma anche nutrendo alcuni dubbi visto il modo di vestire e l’assenza di velo o cose simili.
Prenotai un ristorante sulle prime colline, sapendo che vi erano molte portate idonei ai vegetariani, dove ero già stato anche con la menzionata Milena, raccomandandomi un tavolo con veduta sulla pianura. Proprio durante la telefonata con il locale, lei mi mandò un msg con tanto di faccina latrice di un cuoricino, con il quale mi dava il suo indirizzo.
Camicia, pantalone, mocassino, una spruzzatina di profumo e via in auto, sempre con una fotografia in testa quel culetto che si alternava con quei due occhi neri ipnotici, ma tra me anche interrogandomi come sarà il resto e poi cercando di ipotizzare come si sarebbe presentata vestita, per via della sua religione.
Arrivai con circa 10 minuti di anticipo sotto il palazzo che mi aveva indicato, parcheggiai con facilità, grazie a molte assenze agostane. Scesi dall’auto e mi appoggia ad essa mettendomi a leggere messaggi di lavoro ed a rispondere ad alcuni colleghi. Distratto dallo smartphone udii il rumore di tacchi, ma mai, per le convinzioni che mi ero fatto, li avrei associati a lei; con la coda dell’occhio notai una figura bianca da cui proveniva il rumore di tacchi, ma nemmeno la guardai.
“Comandanteee, sempre preso dal lavoro, inviti le donne e a cena e le ricevi cosi” alzai lo sguardo, ero incredulo, imbambolato, vestitino color acquamarina, molto semplice quasi anni ’60, la gonna di poco sotto il ginocchio, senza maniche, spalline di circa dieci centimetri, scollo V fino quasi al centro del seno, per altro non generoso che ho stimato come una 3^ scarsa, capelli raccolti a coda ma questa volta alta che partiva dalla sommità del cranio, leggero trucco con rossetto, borsetta bianca e, la cosa più stupefacente, sandaletti bianchi eleganti con laccetto alla caviglia con un tacco che avevo stimato in dieci centimetri.
Mi vide a bocca aperta, “qualcosa non va? Ti senti bene” – “no è che io, io non mi aspettavo, be, insomma i tacchi, vestita così, pensavo che…” – “pensavi che una marocchina mussulmana non potesse vestirsi cosi, di la verità” – “Si Neza è cosi, ma sono più contento così” e sorrisi – “Vedi non sono integralista, credo, ma sono occidentalizzata, in Marocco siamo in tante, poi ti racconterò”.
Le andai ad aprire la porta e lei sali, per un istante la guardai dietro mentre le passavo alle spalle per andare alla portiera, quel vestitino le faceva risaltare anche il culo mannaggia, mi stava stregando e poi la parte inferiore delle gambe veniva risaltata dai tacchi.
In macchina facemmo discorsi leggeri, sempre relativi al suo abbigliamento, per il quale le feci i complimenti, inutile dire che in auto la gonna sali, nonostante lei più di una volta cercava di abbassarla, gesto che mi eccitava, ma comunque si vedeva una meravigliosa parte di coscia.
Arrivati al locale, ordinammo quasi tutte le pietanze a base di pesce e con mio ennesimo stupore anche del buon vino bianco, che nei miei intenti porci pensai mi avrebbe aiutato. Durante la cena mi racconto le brutture con l’ex marito a cui fu accoppiata da giovanissima, la figlia grande l’ebbe a 17 anni e il maschio a 19, qui in Italia. Il marito era un fondamentalista severo nelle regole religiose e che spesso la insultava, quasi violentava e la picchiava, esigendo che lei ingrassasse. Però lei rendendosi conto del benessere e libertà delle donne nel nostro paese, nonché con l’appoggio della madre, se pur da lontano, riuscì a divorziare ed allontanarlo e con molti sacrifici dignitosi a crescere i figli e farli studiare.
Ci avviammo passeggiando verso l’auto ammirando il panorama che dal paesino dove era collocato il ristorante si vedeva, la confidenza e i sorrisi era cresciuti, lei ci teneva a rimarcare spesso che era da anni molti anni che non usciva come quella sera. Poi, scena da film, lo ammetto, un improvviso fulmine e tuono a pochi chilometri di distanza, lei si avvinghiò a me, ci fissammo per lunghi istanti, mentre le prime gocce cadevano, colsi l’attimo e la baciai prima a stampo sulla bocca, lei sorrise senza dire nulla e subito dopo il secondo bacio fu un frullare di lingue.
La pioggia cadeva, ci rifugiammo sotto un arco del borgo antico, dove fu un continuo bacio, lei cercava di dire qualche parola di circostanza quasi di giustificare il suo cedere, ma immediatamente la interrompevo baciandola e iniziando a scoprire quel corpo palpandola con delicatezza dove arrivavo e ovviamente quei glutei che subito mi sono apparsi di marmo.
Approfittando di un calo nell’intensità della pioggia, ridendo come adolescenti siamo corsi alla macchina. Lei salì ridendo, incurante della gonna quasi totalmente alzata. La baciai profondamente e la mia mano si insinuò in mezzo alle sue lisce cosce. Lei mi interruppe, sorridendo con il classico “non qui dai non siamo ragazzini”. Misi in moto dirigendomi verso casa, con lei che incurante della scosciata, divento pensierosa, silenziosa.
Dopo poco, la fatidica frase di tutte, “Chissà per quale donna facile mi stai prendendo. Forse non è giusto che mi lasci andare così. Sto facendo una pessima impressione, lo so me ne vergogno, forse non è il caso.” La guardai senza parlare ma con un semi sorriso, accarezzandole il ginocchio. “Non devi dimostrarmi nulla, sono adulto e non siamo impegnati nessuno dei due, non devi sentirti in obbligo di varcare limiti che non ritieni opportuni”. Mi fermai approfittando di un semaforo rosso, mi girai e avvicinandomi la bacia. “Credo tu abbia tanto bisogno di sentirti donna, di ubbidire al tuo corpo, liberare i desideri repressi, senza falsi pudori” e la ribaciai. Le sorrise e venendo verso di me ci baciammo. Durante la mezz’ora di strada la guardavo seduta senza più alcun pudore, quella gonna che fino a poco prima teneva coperte le cosce fino a poco sopra le ginocchia ora era come arrotolata fino alla zona inguinale, secondo i movimenti e le luci stradali percepivo il bianco dell’intimo. Lei silenziosa, si pensierosa, ma che ad ogni mio sguardo sorrideva maliziosa.
Arrivammo a casa mia, una casa liberty, che con la mia compianta moglie avevamo ristrutturato con cura, non esagerata come grandezza ma molto comoda; ubicata in una via di abitazioni similari di medesimo stile, che dalla città saliva lungo il costone di una dolce collina, facendo si che a seconda della posizione si potesse ammirare il resto della città.
Misi l’auto nell’autorimessa adiacente la casa, dopo aver attraversato il giardino, le scese attendendomi appena fuori. Era li ad attendere di essere condotta a scopare, ne era consapevole si vedeva e questo la rendeva affascinante all’ennesima potenza, consapevole ma quasi vergognosa, vogliosa ma combattuta di apparire una troia. Questo mi ha eccitato la mente, la osservavo il suo portamento, il modo di camminare di portare la borsetta, era quasi impaziente di arrivare al dunque.
Cogliendo un momento in cui il temporale si era placato, la feci camminare lungo il viottolo per tornare davanti alla palazzina ed entrare dalla porta principale, ma era quasi come volerle allungare l’agonia.
Entrati, lei si guardava attorno, lo scalone di pochi gradini separava l’ingresso dall’appartamento, attese che richiudessi il portoncino, ma appena lei fece per imboccare lo scalone, la presi per un braccio, la spinsi contro la parete ed iniziai a limonarla ferocemente, le lingue si contorcevano non si davano tregua, scendendo a baciarle il collo, riuscii a prendere un lembo della gonna del vestitino e sollevarla, accarezzare la coscia sinistra, arrivare con la mano piatta con un movimento dal basso verso l’alto, le quattro dita unite, al tessuto del suo intimo, accarezzando la sua figa. Senti un tessuto fine di pizzo, ma umido nella parte inferiore. Una volta arrivato con quattro dita al bordo superiore dello slip (per altro nella mente commentai da maiale che era di ridotte dimensioni) con un veloce gesto entrai dentro, infilando la mano e scorrendo lungo dei peli curatissimi medio corti, ma percepivo a striscia. Peli che poco prima dell’inizio della zona clitoridea sparivano, lasciando sotto la mia porca carezza delle depilate labbra che subito mi donarono un clito a ciliegina dura sensibile, come potevo rilevare dagli immediati gemiti di Neza.
Iniziai a masturbarla, lei allargo le gambe portando il piede sinistro sul primo gradino dello scalone e spostando il destro di quel poco che però mi metteva a disposizione tutta la sua calda e bagnata figa. Mentre con la destra la masturbazione si faceva sempre più decisa quasi violente, la sinistra l’avevo messa su di una mammella, precisamente sul suo seno destro, che nonostante la stoffa del vestito e del reggiseno, sentivo bene tanto da afferrarne il capezzolo.
Il suo stato era tale che smisi di limonarla la guardavo fisso, lei ricambiava con quei due occhioni neri, paralizzati, che nulla trasmettevano se non il suo godimento, accompagnato da gemiti e urlettini. In pochissimo le sue gambe sti strinsero alla mia mano bloccandola, ma che di colpo reggeva quasi tutto il peso del suo corpo, le gambe molleggiavano, mi fisso balbetto qualcosa in arabo fissandomi e aggrappandosi a me.
Riprese a respirare lenta, la baciai, poi estrassi la mano lentamente ma passando due dita profondo tra le grandi labbra. Le due dita uscirono glassate di miele denso, le mostrai a lei per poi succhiarmele. Raccolsi al sua borsetta, le presi la mano e la accompagnai lungo i cinque gradoni dello scalone, aprii la porta con lei che mi fissava, i suoi occhi ridevano. Arrivammo nel salone, dove subito accesi il clima e azionai le imposte motorizzate dei finestrini che permettevano di ammirare il panorama sulla città. Mentre si stava nuovamente scatenando un temporale. Lei era rimasta appoggiata allo schienale di uno dei divani, la vedevo con le gambe incrociate le teneva strette si stava ancora riprendendo mi sorrise.
Le passai dietro, mi tolsi repentinamente la camicia, chinandomi a baciarle il collo, feci scendere la lampo del suo vestito e lo feci delicatamente scendere con la sua collaborazione con alternando le gambe se lo fece sfilare. Misi finalmente una mano al tanto tanto desiderato culetto, che esaltato dalla mutandina bianca di pizzo tipo brasiliana, sembrava quello di una teenager, mi venne naturale una sculacciata a cui lei sorrise, voltando la faccia, gesto al quale risposi intercettando subito la sua bocca con la mia. Mentre era in atto quell’ennesima limonata profonda, slacciai il reggiseno coordinato con lo slip. Lo spostai lentamente in avanti passando con le braccia sotto le sue ascelle in modo ad arrivare accarezzare le mammelle e a ritrovarmi tra le dita due meravigliosi e grossi capezzoli già turgidi che immediatamente la fecero gemere.
Dopo alcuni minuti in quella posizione, io dietro di lei si voltava permettendoci di baciarci profondamente e le mie mani che stimolavano il suo bel seno; la sollevai di peso, un braccio alla schiena ed uno alle gambe, adagiandola su uno dei divani, la sua testa su un bracciolo. Subito mi precipitai ad afferrare i lembi del slip stile brasiliana, il quale davanti era orami palesemente fradicio. Li sfilai, a quel punto Neza, la marocchina, indossava solo i sandaletti con l’alto tacco, una collana e l’elastico della coda ai capelli. Mi buttai come un rapace, allargandole le gambe, strappandole un sorrisone, a leccarle la figa.
Un attimo, istanti, millesimi di secondo mi bloccai ad ammirare quella figa, due labbra color marrone scuro, in forte contrasto cromatico con la pelle olivastra, la striscina di peli corta e curatissima, il clito che faceva capolino e sotto un rosa chiarissimo.
Subito la mia lingua si fece strada, le mani di lei sulla mia testa e gemiti, gemiti. Una fonte di umori caldi, dal sapore gradevole ma intenso concentrato. Il clitoride che tranquillamente poteva essere ciucciato. Lei poco dopo allargo le gambe, mettendo il piede destro a terra mentre il polpaccio sinistro sullo schienale. La mia foga leccatoria, a quanto pare gradita, fu accompagnata da due dita tese, con le quali la penetrai, sprofondando in una vagina colma di miele, miele filamentoso, denso caldo.
Lei gemeva, inizialmente, mi diceva “oddio che bello, o mamma cosa mi fai, che vergogna sto godendo come una maiala”, ma poi dopo averle ripetute alcune volte inizio a gemere in arabo. Le sue mani dalla mia testa andarono al seno, stimolandolo anche stringendo molto forte i capezzoli.
Già il seno che non vi ho descritto; ad occhio una terza non piena, due tettine a para, ancora sode ma tipiche delle donne che hanno allattato. Sopra tutto due capezzoloni dello stesso colore marrone delle labbra vaginali con un’areola piccola.
Le mie profonde leccate continuarono con veemenza, cosi come le due dita che scopavano la vagina, dita che ben presto si alternarono tra la vagina e il giocare esternamente con la rosetta anale, che quasi subito inizio a pulsare sotto i polpastrelli. Vista la reazione della sua scura rosetta anale, dopo aver ben intriso il dito medio nel miele umorale, che riempiva la sua vagina, forzai con delicatezza ma contestuale decisione, il buchetto che era il centro di gravità di quel meraviglioso culetto. Appositamente alzi gli occhi per vedere la sua reazione; alzo la testa fissandomi ad occhi sbarrati, tenendo ancora ben stretti tra il pollice ed indice delle due mani i capezzoli. I suoi occhi erano trasmettevano tante parole, come “Cosa fai porco? Vuoi anche il mio culetto? Ti approfitti di me, ma non so dirti no, entra pure nel culo?, ecc.” continuai per poco a scoparle il culo con il dito.
Improvvisamente, la mia testa si ritrovo schiacciata dalle cosce, il suo bacino sussultare, spingendomi la figa contro la faccia, le sue mani sulla mia testa, il suo corpo che tremava e la sua voce rotta da pause di gemiti: “vengo vengo ancora ancora oddio oddio e poi in arabo”. Il mio volto, in particolare la bocca, percepì un intenso calore provenire dall’interno gli umori improvvisamente liquidi e caldi.
Appena la sua presa si affievolì, mi alzai sfilandomi rapidamente i pantaloni, che con una mano avevo già slacciato mentre leccavo e abbassati. Il mio scettro, impaziente oramai da ore, ma messo a dura prova nell’ultima mezz’ora, non vedeva l’ora di esibirsi. Lei li ancora in preda agli ultimi spasmi orgasmici, oramai fievoli, bellissima a gambe aperte, volto felice, che ora mi faceva vedere una donna vogliosa porca, priva di remore, timori, turbamenti, inibizioni.
Impugnai il cazzo abbassandomi e puntandolo direttamente alla figa. Entrai lento ma senza incertezze, una spinta decisa continua, graduale, che apriva quella vagina caldissima, piena di umori fino alla cervice. I nostri occhi si fissavano, lei fece smorfie di piacere, si morse una mano, poi appena iniziai a scoparla lentamente, ma a colpi forti decisi come se volessi aprirla in due, ma con un ritmo cadenzato lento, lei mi disse “che bello, che bello, nemmeno mi ricordavo fosse così bello”.
Le sue gambe erano sulle mie spalle, le ginocchia sulle scapole, sentivo le sue caviglie che si accavallavano sule amia schiena, facendomi sentire la punta dei tacchi che ancora indossava. La scopavo energicamente, ma tenendo un ritmo basso, ero troppo eccitato, non volevo venire anche perché non sapevo se era protetta. Poi il tremendo calore che il mio cazzo incontrava in quella figa dalle labbra scurissime, credetemi cari lettori, era difficile da contrastare. Quasi ipnotizzata da quegli occhioni neri che mi fissavano, portai le mie mani ai sui seni che avevo, forse troppo trascurato iniziando a stimolarli, giocarli; lei si teneva alla pelle del divano con forza, gemendo e fissandomi sempre, l’impressione era che volesse parlare, ma il respiro affannoso troppo pervasa dal piacere.
Di colpo sentii un repentino aumento del calore vaginale quasi insopportabile, i muscoli corrispondenti stringersi, come se le valve di un’ostrica si chiudessero attorno al mio cazzo. Lei con il bacino inizio a muoversi velocemente su e giù, le gambe prima mi strinsero il collo, poi di colpo le spinse tese rigide tramanti, allargandole in un’ampia V con i piedi fasciati nei sandaletti con il tacco rivolti, puntati al cielo. Mi sfilai di colpo, ancora adesso penso giusto in tempo per non venire. Una volta libera lei si allungo tutta sul divano, e due mani a coprire la figa, muovendosi, facendo dei mezzi giri su se stessa emettendo un urletto forte intenso, che ora ripensandolo giudico di piacere ma anche liberatorio.
Ero li in piedi, a fissare lo spettacolo, di questo stupendo forte orgasmo di Neza, il mio cazzo duro da far male. In lei l’orgasmo andò scemando fino a che, guardandomi mi sorrise, questa volta gli occhi era felici indimenticabili.
Di colpo si mise seduta, afferro il mio cazzo, dicendo “adesso però mi fai divertire, mi hai scopata divinamente, il mio ex non mi ha mai fatta provare nulla di simile. Poi non voleva che lo prendessi in bocca, ma io ne ho sempre sentito il bisogno e adesso fammi fare”. Inizio un pompino, quasi maldestro, non degno di una donna della sua età, ma questo mi fece capire che il fatto di non scopare dall’epoca del divorzio era vero. Tuttavia la passione era tanta, iniziò ben presto a correggere gli errori ad essere più delicata nel succhiare e leccare.
Nonostante la guidavo a non essere troppo veemente, durai poco preannunciandogli che sarei venuto. Lei mi sorrise, mi guardo con quegli occhioni neri, “vorrei assaggiarla, posso” senza dirle nulla le venni in bocca con il primo fiotto, poi puntai il cazzo al petto tra le tette.
Mi sedetti accanto a lei, e nonostante avesse ancora il sapore dello sperma in bocca ci baciammo per un po' e contestualmente le spalmavo sul seno il resto della sborra.
Poi mi alzai, la presi per mano facendola alzare “vieni su”. Mi segui lungo la scala per salire al piano delle camere. Ancora o negli occhi la scena di noi nudi, ma lei ancora in tacchi, sulla scala che ogni pochi passi ci fermavamo a limonare. Era eccitante vederla così, ora era veramente una ragazzina. Entrando in camera da letto, mi disse “presumo tu non mi voglia riportare a casa?” – “direi che prima di domenica sera non se ne parla, non trovare la scusa che qui non hai nulla perché quello che hai ora addosso va benissimo (solo i tacchi)”
Lei sorrise maliziosa, e si avvio nel bagno della camera. Mentre lei era in bagno, con la porta tranquillamente aperta, ho acceso la climatizzazione, presi gel e preservativi e li misi sul comodino. Lei mi chiamò, andai in bagno si stava facendo un bidet chiedendomi la cortesia di portarle su la borsetta poiché conteneva il cellulare. Scesi, ne approfittai per mettere su di un vassoio due bibite, acqua e due bicchieri. Rientrando in camera lei era su una delle poltroncine e si stava slacciando le fibbie dei sandaletti, che a malincuore, ma conscio che era giunto il momento, lasciai si togliesse.
Le chiesi se gradisse da bere e mi rispose, scegliendo una delle bibite, che avo avuto un’ottima idea. Mentre riempivo i bicchieri si alzo venendo molto vicino a me, si sciolse dalla coda i lunghi capelli neri lasciandoli liberi, per poi accarezzarmi la schiena. Le porsi la bevanda dandole un bacio sulle labbra. Bevemmo fissandoci, poi lei inizio a fare un giro per la stanza, curiosa osservava e passava la mano sui mobili. Poi mi disse “Chissà quante sono finite qui dentro?” – “Sinceramente tu sei la terza, compresa la buonanima di mia moglie”. Mi fisso con quegli occhini neri, che, come avrete capito, mi stregavano così come quel culetto che ostentava camminando nuda per la stanza. Poi si sedette sul letto sdraiandosi, sempre fissandomi, pigo leggermente le gambe allargandole. Come un felino mi lanciai sul letto vicino a lei, baciandola, per poi subito scendere a succhiarle i capezzoli e con un mano a giocare con il suo clito e la figa.
Mi teneva la testa spinta al capezzolo, la mia mano giocava con quel clitoride esposto culminante con una ciliegina dura, le dita si alternavano tra le labbra e appunto il clito. Lei ansimava, oramai liberata da ogni pudore o moralismo. Mi spostai veloce gettandomi tra le sue gambe a leccare. “Ohhh vuoi farlo ancora , porco sai cosa mi hai fatto poco fa con quella lingua, ahh ohhh”. Volevo godesse volevo distruggerla di orgasmi, ripresi il lavoro come prima, ma questa volta allungando un braccio in moda da tenere tra due dita uno capezzolo, mentre l’altra mano, la destra, con due dita tese andava a cercare subito il culetto, avendo cura di inumidirle nei sui copiosi umori avendo anche notato che durante il bidet lo aveva ben inumidito. Prese a godere, non disse nulla delle dita nel culo, anzi poco prima dell’orgasmo, mi chiese tra un gemito ed un altro di muoverle veloci nel culo. In poco ebbe il suo quarto orgasmo, inarcando la schiena più volte e tenendomi la testa spinta in mezzo alle sue labbra vaginali aperte, quasi soffocandomi. Approfittando dei momenti successivi all’apice dell’orgasmi, in cui era ancora tremante e si agitava, presi un preservativo, rotta la bustina lo misi indossai, avevo timore che vi fossero residui della venuta precedente e combinare guai. Stavo per scoparla quando lei con un gesto felino alzandosi mi bacio e mi fece girare sul latte, voleva stare sopra lei, di colpo si impala. Mi ritrovai il mio fratellino con l’impermeabile, immerso in una figa caldissima come prima, un qualcosa di mai provato prima. I suoi capezzoli li a pochi centimetri dal volto. Subito afferrai quelle tette, piccole ma di splendida forma e consistenza, tanto che pensai a come dovevano essere quando lei aveva vent’anni. Si stava scopando furiosamente, era come posseduta dalla voglia da quello che volete, ero soddisfatto di vederla godersi un cozzo dopo anni, che per altro era il mio. Dal seno la mano destra prese la sua chiappa e poi con il dito andai a cercarle ancora il culetto. La sua furiosa azione fece si che in poco tempo ebbe un nuovo orgasmo la sciandosi andare sul mio petto. La mia mano al limite dell’estensione del braccio mi permetteva di avere ancora la falange dell’indice nel suo ano che pulsava fortissimo così come la figa che oramai aveva raggiunto temperature da forno.
Si riprese, rimando sdraiata su di me, mi bacio, mi disse, seria, “Mi vuoi sodomizzare vero? Fallo, ma se ti dico di fermarti promettimi di farlo, giuramelo. Il mio ex marito praticamente mi violentava li e non ho buoni ricordi” “Se vuoi non lo facciamo, si lo desidero il tuo coletto è bellissimo nemmeno le ragazzine lo hanno cosi, ma non voglio risvegliare vecchi traumi” “Lo chiedo io inculami, se mi rispetti e vuoi solo il mio piacere come hai fatto finora, forse curi il mio trauma” e ci baciammo lungamente, le nostre lingue si intrecciarono non so per quanto e il mio fratellino prese il giusto vigore per l’anale, ancora parcheggiato in quella caldissima vagina.
Li si sollevò mettendosi nella classica pecorina. Le feci cambiare posizione la volevo più rilassata, le misi i due cuscini tra il basso ventre ed il monte di venere, le chiesi baciandole la schiena di portare una mano alla sua figa e toccarsi. Presi il gel e con un dito ne spalmai in modo abbondante nel suo culetto entrando sia con uno che poi con due dita. Potei notare la sua mano che si muoveva in un sapiente ditalino segno che negli ultimi anni ne aveva praticati tanti (circostanza poi confermata nei giorni successivi anche da lei). Unsi anche il mio cazzo ancora incappottato, abbondai con il gel.
Poi tornai a baciarle la schiena, dietro al collo, la zona d’inizio del solco anale, strusciai ripetutamente il cazzo in mezzo alle chiappe, per poi improvvisamente puntare la rosetta ed iniziare con una spinta lenta, ma inesorabile senza pause.
La rosetta da subito sembrava come fosse vergine, forse con gli anni di inattività la era tornata. Nonostante i suoi gemiti la spinta continuava, la sua mano destra la sentivo sempre più attiva nel toccarsi, la sinistra stringeva fortissimo le lenzuola, muoveva la testa in mod repentino e veloce da destra a sinistra, quasi la sbatteva. Io entravo sentivo lo sfintere cedere dolcemente, fasciarmi il cazzo che scivolava bene, sapevo sarebbe stato deleterio fermarmi con la spinta continuavo lento. Lei si volto, qui due occhioni neri erano diventati sbarrati di fuoco, inferociti, ma mi disse “continua continua porco, mi stai distruggendo il culo, cazzo che sensazioni nuove, mai provate cosi nel culo”. Entrai fino a tre quarti di cazzo, poi sentii più resistenza, l’anello inferiore anale, mi fermai qualche istante per farla respirare. Lei tolse la mano dalla figa e la porto fuori all’altezza del volto, come l’altra a stringere il lenzuolo. Iniziai a scoparle il culo lentamente e dopo due o tre su e giù, rimisi del gel. Lei gradiva sempre di più le braccia ora erano appoggiate sui gomiti, la testa ferma. Gemeva diceva che era bello, la scopavo lento ma inesorabile volevo lo sentissi tutto entrare ed uscire, ad ogni affondo entravo di più nel culo. Diedi un colpo forte secco ed il cazzo entro tutto, percepii aprirsi il fondo dello sfintere, lei urlo stringendo forte le lenzuola, ma io continuai a pompare, prese a dire senza sosta è bellissimo è bellissimo, poi inizio a parlare, alzando sempre di più il tono della voce, in arabo. Fino a lasciarsi andare quasi a stramazzare ripetendo più volte “ana qadim ana quadim – vengo”.
Oramai allo stremo della resistenza pure io, che ero intenzionato a goderle nel culo, uscii lentamente avendo paura di lasciarle dentro il preservativo. Una volta fuori tolsi rapidamente il contraccettivo. Sostituendolo con uno nuovo. Lei ancora sui due cuscini respirava affannosamente. Si volto sorridendo, ma il volto era stremato, però emanava felicita piacere. Coccolandola la girai, voleva dire qualcosa, forse opporsi ma era ancora in uno stato di drogata da orgasmi. Le sollevai le gambe sulle mie spalle e presi a scoparla, ci fissavamo. Il tempo di qualche deciso e profondo colpo e venimmo assieme, io dentro di lei, fu bellissimo, specialmente per gli sguardi fissi di intesa e piacere. Lei era stremata ed io non da meno. Mi sdraiai accanto a lei, che dopo pochi istanti venne a baciarmi per poi andare delicatamente a togliermi il preservativo. Ci baciammo ancora lungamente, coccole, bevemmo ancora due bicchieri d’acqua a testa, senza mai parlare ma sempre e solo fissandoci senza mai distogliere gli sguardi.
Poi come una coppia consumata, abbracciati in posizione fetale, con la sua schiena appoggiata al mio petto, ci mettemmo a dormire.

POSTED 1 COMMENTS:
  • avatar 70anni Davvero molto bello, peccato che proprio la parte migliore sia rovinata dalla presenza di quegli orribili preservativi.

    10-11-2025 12:06:44