ERO UNA CAGNA
by PrufrockAvevo poco più di vent’anni, avevo un Padrone. Del Padrone non si rivela il nome. Chiamiamolo “LUI”. Gli davo del Voi seguito da Signore. Abitava in un cascinale isolato, in mezzo ai boschi della bergamasca. Lo raggiungevo in treno quasi tutti i venerdì. Su comando prendevo un regionale in ora di punta. 50 minuti, 10 fermate. Sempre pieno zeppo. Su comando viaggiavo in piedi, in minigonna e senza calze anche d’inverno, se possibile posizionandomi di fianco a signori anziani. Se mi sfioravano con il braccio non dovevo spostarmi ma premere. Se schiacciata da altri nel corridoio dovevo strusciarmi. Non potevo utilizzare il bagno. LUI mi aspettava in auto alla stazione e si irritava in caso di ritardo. Ubbidire mi eccitava. Appena salita dovevo togliere minigonna e mutandine, intingere due dita in fica e mettergliele in bocca per dar prova del mio piacere. Se ero secca si incazzava. A un paio di chilometri dal cascinale, aperta campagna, strada sterrata e deserta, mi spogliavo del tutto e toglievo le scarpe. Mi metteva un lungo guinzaglio e mi faceva scendere. Poi ripartiva a passo d'uomo, il volante in una mano, il guinzaglio nell'altra. Mi portava a spasso. Mi rivolgevo a LUI abbaiando. Se mi scappava guaivo implorante e facevo penzolare la lingua. Si fermava, poggiavo una gamba sul tronco di un albero e pisciavo. Su comando volte mi rotolavo nell'erba su cui avevo pisciato. Spesso mi lanciava una palla per guardarmi correre nuda, ammirando lo sballonzolio delle mammelle. Ero bellissima. Raccoglievo con fatica la palla coi denti e la riportavo. Arrivati al cascinale mi infilavo nella cuccia. LUI, da buon Padrone, mi serviva il pasto in ciotole di porcellana. Un raffinato. Di solito dadini di manzo scaduti e acqua piovana. Essere trattata da cagna mi faceva godere, appunto, come una cagna in calore che viene soddisfatta da un paio di pastori tedeschi. Dopo il pasto mi lavava a secchiate d’acqua gelida. Se guaivo troppo mi puniva a colpi di bambù, senza esagerare. Quindi guaivo. Concludeva la giornata montandomi da dietro. Nella copula io abbaiavo e lui ululava. Nel tardo pomeriggio mi riportava in stazione. Se indovinate la mia razza potreste avermi come premio. Forse. Non fatevi però tradire da ciò che ho scritto. Quando sono cagna sono cagna. Non sempre sono cagna. Se desiderate una cagna andate al canile. Le donne non sono cagne. Se desiderate sapere altro di me, chiedetemelo qui sotto e forse vi racconterò del suo allevare maiali, della sua gogna, dei suoi vicini di casa, di un’asta pubblica. Forse.
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